La tempesta perfetta, ovvero…..l’insensibilità e cinismo del contabile!

di Francesco Naviglio [1]

Dopo una apparente calma dei mercati internazionali, durata pochi mesi, all’improvviso si è scatenata una nuova tempesta le cui cause e finalità mi sono oscure ma certamente penso siano dettate dalla speculazione di grossi gruppi internazionali che guidano le sorti dell’economia e della politica mondiale.

Tutto è successo all’improvviso a fine maggio e nel giro di pochi giorni si sono riuniti i massimi vertici, politici ed economici, dei paesi europei che hanno immediatamente preso drastiche misure, sembra, per contenere i disavanzi dei paesi europei e avviare il risanamento dei loro conti pubblici.

Tutto causato dalle turbolenze greche che all’improvviso hanno portato il paese sull’orlo del precipizio e, dietro a lui, anche la Spagna e il Portogallo che, fino a qualche tempo fa, erano indicate come gli stati che spingevano l’economia europea.

Non sono un esperto di finanza per cui temo che qualche mia considerazione non sia perfettamente coerente con gli avvenimenti di questi giorni ma la sensazione è che, periodicamente, avvengano tali tempeste finanziarie create ad arte per raggiungere qualche oscuro obiettivo funzionale ad ignoti piani strategici che, a pelle, mi rendono abbastanza inquieto.

Ho l’impressione che qualcuno o qualche cosa ci stia spingendo verso una sorta di “tempesta Perfetta” (ricordate il film?) presentata come qualche cosa di ineluttabile che ci attira implacabilmente anche se siamo tutti consci che sarà la nostra fine. Come il protagonista del film, siamo come in preda ad un sentimento di onnipotenza che ci induce a sfidare gli elementi senza renderci conto di andare verso la fine.

Queste “tempeste finanziarie”, che si succedono nel tempo con frequenze sempre più ravvicinate, sono un ottimo alibi affinchè nei singoli stati avvengano in modo sincrono riforme e modifiche strutturali senza alcun dibattito politico e senza che qualcuno possa o voglia avanzare remore o controproposte: chiunque abbia il coraggio di avanzare riserve o critiche è additato come sabotatore e come irresponsabile, come persona che “…non si renda conto della gravità della situazione”.

Questa tecnica permette ai governi interessati di governare senza opposizione e giustificare i suoi atti, legislativi o gestionali, come necessari e dovuti a seguito della “grave situazione internazionale” determinata dalla crisi finanziaria e dal “crollo delle borse”!

Ma chi determina queste crisi internazionali e chi favorisce il crollo delle borse? Ma veramente crediamo che le crisi internazionali o  le borse mondiali siano gestite o governate da qualcuno o qualcosa di ignoto ed imponderabile come se tutto fosse il frutto di un destino cinico e baro o, addirittura, sia il frutto dei nostri “peccati” su cui si abbatte la “giusta” punizione divina?

Oppure è più realistico credere che il fenomeno sia controllato, tramite gruppi finanziari che operano in borsa, da governi europei o dagli Stati Uniti, dalla Russia e dalla Cina, o addirittura da tutti insieme a seguito delle decisioni prese nei meeting che organizzano periodicamente?

Se questa sorta di scenario fanta-politico fosse confermato potremmo concludere che sullo scenario internazionale si è concretizzata  una nuova modalità di governo che, facendo leva sulle paure e le ansie delle persone e contando su connivenze internazionali, scatena delle tempeste mediatiche che, traendo spunto da temi finanziari, ecologici, religiosi, puntano ad uniformare e normalizzare l’opinione pubblica dei singoli stati per far passare provvedimenti che altrimenti non sarebbe mai stato possibile adottare.

Una volta è la paura dell’Islam, a volte la paura della pandemia, spesso è la paura della crisi finanziaria e della povertà che ci porta ad accettare misure economiche e legislative che mai avremmo condiviso; la paura di perdere i nostri privilegi, la nostra agiatezza fondata sui debiti, sulle carte revolving, sull’apparire non avendo niente alle spalle, la paura del diverso ci porta ad accettare le tesi di questi “cavalieri del nulla” che tendono a cloroformizzare la società per sopprimere le resistenze e gli ideali.

E’ nella fase di cloroformizzazione della società che entrano in gioco, ed hanno buon gioco, i “contabili” che utilizzando la freddezza dei numeri e la presunta incontestabilità dei “conti” hanno buon gioco a promuovere e realizzare riforme altrimenti improponibili.

Chi ha il coraggio di contestare le esigenze di risanamento dei conti pubblici che, se non realizzato, ci porterà dentro l’abisso? E chi potrà negare l’esigenza di fare economie e sacrifici davanti allo spettro di un crollo dell’economia che ci ridurrebbe tutti in uno stato di povertà?

Vedete, dicono i “contabili”, i numeri parlano chiaro! Il precedente governo ci ha portato a questo punto e ora dobbiamo correre ai ripari!

Quante volte abbiamo sentito questa nenia, questo tragico lamento uscire dalla bocca personaggi politici la cui faccia ricorda una tragica maschera greca.

Ecco dove si concretizza l’insensibilità e, diciamolo, il “cinismo” del contabile che basandosi sulla crudezza dei numeri ci sottopone , addirittura convincendoci della loro bontà, misure “risanatrici” che mai avremmo pensato di dover sperimentare.

Senza dilungarci su questioni note a tutti, una misura per tutte è degna di essere approfondita: il blocco triennale dei contratti dei pubblici dipendenti.

Prima osservazione: è stato deciso di bloccare per un triennio gli stipendi dei pubblici dipendenti senza che nessuno, compresi i diretti interessati, abbia avuto il coraggio di contestare tale misura come ignobile in uno stato di diritto che si ammanta di welfare.

Ma stiamo scherzando? Sulla pelle di 3 milioni di lavoratori, che rappresentano circa 10 milioni di cittadini italiani, si fanno economie che se proposte ad altre categorie avrebbero scatenato scene di guerriglia urbana.

Nessuno, nè i sindacati, né le forze politiche di minoranza o maggioranza, né tantomeno esponenti religiosi o della società cosi detta civile, che spesso intervengono su argomenti i più disparati, hanno ritenuto di dire la loro su una misura eticamente, moralmente e socialmente riprovevole.

Cosa hanno fatto di male questi poveri dipendenti pubblici se non sottostare per oltre un cinquantennio ai voleri più biechi e perversi delle forze politiche che poi hanno ritenuto di infangarne la reputabilità dando loro la patente di “nullafacenti”?

Il risultato di decenni di maldicenze nei confronti dei dipendenti pubblici è che oggi nessuno, dico nessuno, si erge a loro paladino anzi da più parti ci si reputa soddisfatti che ormai qualcuno interviene nella macchina pubblica.

I politici che hanno da sempre governato, loro e non certo i dipendenti, gli apparati pubblici, le forze sociali, religiose ed economiche che nel corso degli anni hanno beneficiato di sovvenzioni, aiuti ed elargizioni da parte dello stato contribuendo, loro si, al saccheggio delle finanze pubbliche dovrebbero avere un grande rispetto di tutti i funzionari pubblici che hanno contribuito nel tempo a garantire il funzionamento e spesso l’efficienza delle strutture pubbliche anche quando queste venivano decapitate a seguito di arresti ed incriminazioni dei presidenti, direttori generali e membri di collegi sindacali, comitati di controllo etc.

Ultimamente, a rafforzare la decisione presa, si è sparsa la notizia che i dipendenti pubblici hanno ottenuto, nel corso dell’ultimo decennio, una percentuale di aumenti contrattuali superiore a quella riconosciuta negli altri comparti! Ecco nuovamente l’insensibilità e cinicità del contabile il cui profilo è ormai ben conosciuto da tutti noi.

Probabilmente la percentuale è giusta ma ci si scorda di dire che la base di partenza era diversa, che gli stipendi pubblici rispetto a quelli dei privati erano di molto inferiori e che introducendo nella pubblica amministrazione la contrattazione privata si è dovuto necessariamente attuare una equiparazione tra gli emolumenti e i diritti/doveri dei dipendenti pubblici e privati.

Ci sarebbe anche da osservare che i dipendenti pubblici non fuggono, giustamente, dall’imposizione fiscale che nel privato spesso viene elusa con trattamenti fuori busta, riconoscimenti di superminimi e frange benefits.

Ancora fango sui dipendenti pubblici, su coloro che devono assicurare, e assicurano tra mille difficoltà, i servizi pubblici, la sanità, l’istruzione, i trasporti, le opere pubbliche e tutto quello che serve ad una moderna società.

Tutto è migliorabile e molto c’è da fare ma qualcuno di noi crede veramente che i disservizi e le inefficienze possano derivare esclusivamente da alcuni “nullafacenti” senza potere decisionale e di spesa?

Ma veramente siamo così poco avveduti e così falsi da credere a ciò? E’ colpa dell’usciere o dell’impiegato se i vertici delle strutture, invece di garantire l’efficienza ed intervenire nei malfunzionamenti, si occupano di ben altro per loro esclusivo interesse personale? Proprio  loro che poi sono i primi a sentenziare sull’inefficienza dei pubblici dipendenti.

E’ questo un indicatore del degrado etico e morale della nostra società che viene, in aggiunta, narcotizzata dalle paure e dalle ansie indotte, come detto in apertura, da artificiose “tempeste finanziarie perfette” funzionali a tenere sotto controllo la massa dei “sudditi”.

Ebbene si! Siamo tornati, ritengo, nella condizione di sudditi che applaudono il monarca per le sue “elargizioni benevoli” e per la sua “tutela” contro i mostri  che si annidano nella foresta.

Siamo sudditi, omologati e contenti di esserlo in quanto qualcun altro pensa ai nostri bisogni a patto che nessuno pensi di mettere in discussione il modello di società e di vita disegnato dai “contabili” sulla base della loro “insensibilità” e della loro “cinicità” figlia del loro interesse.

 

 

 

 

[1] Sociologo dell’organizzazione, ex dirigente pubblico