La SSPA di Caserta

Nel 1991, dopo lunghe e complesse esperienze e trattative, sono riuscito a vincere il corso-concorso per essere ammesso alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione a Caserta.

12 mesi di corso, 8 ore al giorno di aula, tre mesi di stage presso la STET, la realizzazione di una tesi e un esame finale composto da tre prove scritte, e un colloquio in cui esporre i conteuti della tesi oltre ad essere valutato da una commissione di 5 esperti, dirigenti pubblici e privati.

Sono le cifre di cosa è significato per me e molti altri dirigenti pubblici frequentare la scuola prima di essere nominati dirigenti. Tutto questo dopo due corsi di laurea, 18 anni di servizio, due concorsi pubblici superati, oltre 15 anni di guida di strutture organizzative con gestione di budget e risorse umane.

Tutto bene se fosse servito ad acquisire visibilità e meriti nei successivi percorsi di carriera. Niente di tutto ciò, anzi a volte la frequenza della scuola è stata vista addirittura come un ostacolo, quasi una perdita di tempo. La scuola stessa non ha ritenuto utile nè necessario valorizzare i suoi allievi e instaurare con loro un legame nel tempo fatto di aggiornamenti e sinergie.

Nei percorsi di carriera i dirigenti usciti dalla SSPA, a differenza di altre pubbliche amministrazioni estere, sono stati valutati senza alcun punto aggiuntivo e spesso hanno visto assegnare posizioni organizzative di rilievo a “illustri” sconosciuti i cui titoli erano costituiti da “appartenenze” di vario tipo.

Tutto ciò potrebbe andare bene ed essere naturale se uno dei dibattiti che oggi vanno per la maggiore non sia costituito dalla ricerca di “meritocrazia” nella società italiana ed in particolare nel mondo della pubblica amministrazione.

La tesi discussa a Caserta nel 1992 tratta questi argomenti che, purtroppo, ad oggi sono in gran parte rimasti irrisolti.